DEAR AMERICA – LETTERE DAL VIETNAM **

Valutazione
Raccomandabile, Realistico
Tematica
Genere
Documentario
Regia
Bill Gouturie
Durata
87'
Anno di uscita
1988
Nazionalità
Stati Uniti
Titolo Originale
DEAR AMERICA - LETTERS HOME FROM VIETNAM
Distribuzione
Artisti Associati International
Soggetto e Sceneggiatura
Richard Dewhurst, Bill Gouturie
Musiche
Gary Clayton, Todd Boekelheid
Montaggio
Gary Weimberg, Stephen Stept

Sogg. e Scenegg.: Richard Dewhurst, Bill Gouturie - Fotogr.: (normale/a colori), Materiale di repertorio della N.B.C. - Mus.: Gary Clayton, Todd Boekelheid - Montagg.: Gary Weimberg, Stephen Stept - Dur.: 87' - Produz.: Bill Gouturie, Thomas Bird

Soggetto

un documentario scarno e angosciato, in cui una quarantina di lettere a casa, scritte da giovani americani inviati a combattere in Vietnam negli anni dal '65 al '68, rendono testimonianza delle loro sofferenze e degli orrori della guerra, resi più acuti dal ricordo della terra e degli affetti lontani, forse perduti per sempre. Le singole lettere sono scritte nelle pause di marce, attese snervanti e combattimenti nel folto di giungle sempre insidiose e con la morte ad ogni passo. I singoli pezzi sono accompagnati dalla lettura ad opera di voci fuori campo, a rendere vivissimi la paura, la realtà e gli orrori di una guerra della quale i combattenti non fanno che chiedersi il perché. La triste serie è conclusa con le parole di una Madre, ai piedi del monumento sul quale è tra gli altri inciso, a monito contro tutte le guerre, il nome del proprio figlio.

Valutazione Pastorale

autentico ed incisivo documento, mille volte più eloquente di tanti cartelli e cortei di un pacifismo non di rado anche dubbio o strumentalizzato, "Dear America" affascina per la sua semplicità, per il realismo desolato e senza forzature di toni nonché per l'alternanza stessa fra lettere ed immagini, girate o riprese in Vietnam, che quelle missive corroborano con immediatezza assoluta. Ne nasce un dossier implacabile e dolente, un atto di accusa severa nella brutale realtà del sangue, delle insidie e della morte, sempre incombenti. Nessuna retorica verbale o figurativa inquina la pellicola: la semplicità stessa di ragazzi così giovani ne è la garanzia totale. Il loro franco sorriso viene spesso proposto in foto di gruppo: poco dopo si apprende da un sottotitolo che quel John scanzonato, o quel Nick sdraiato accanto al suo mitragliatore, o Bili il negro caporale della Louisiana non torneranno mai più a casa, senza nemmeno una risposta a quel perché che motivava angoscia e paure. Sono, questi, forse i momenti più sconvolgenti e umanamente preziosi ad un tempo. La guerra la si avverte sempre, come una fiera in agguato. Straordinaria infine l'idea di arricchire il film con una colonna sonora, cui hanno contribuito non solo autori di grande spicco (Bob Dylan, i Rolling Stones, Springsteen ed altri), ma musiche di intensa vitalità, spesso anche allegre (un rock pungente e forte): quasi a fare della giovinezza e dei suoi miti canori un contraltare freschissimo e spavaldo ai rituali della guerra.

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