DICERIA DELL’UNTORE *

Valutazione
Discutibile, Complesso
Tematica
Guerra, Letteratura, Malattia
Genere
Drammatico
Regia
Beppe Cino
Durata
97'
Anno di uscita
1990
Nazionalità
Italia
Titolo Originale
DICERIA DELL'UNTORE
Distribuzione
Istituto Luce, Italnoleggio Cinematografico
Soggetto e Sceneggiatura
Beppe Cino dal romanzo omonimo di Gesualdo Bufalino
Musiche
Carlo Siliotto – Montagg.: Emanuele Foglietti
Montaggio
Emanuele Foglietti

Sogg.: dal romanzo omonimo di Gesualdo Bufalino - Scenegg.: Beppe Cino - Fotogr. (Panoramica/a colori): Franco Delli Colli - Mus.: Carlo Siliotto – Montagg.: Emanuele Foglietti - Dur.: 97' - Prod.: Moviemachine, Surf Film, Rai Uno.

Interpreti e ruoli

Franco Nero (Angelo), Lucrezia Lante Della Rovere (Marta), Remo Girone (Sebastiano), Vanessa Redgrave (Suor Crocifissa), Salvatore Cascio (Adelmo), Dalila Di Lazzaro (Teresa), Fernando Rey, Toni Ucci, Tiberio Murgia.

Soggetto

A guerra appena finita, un reduce, il professor Angelo, è accolto in un sanatorio siciliano. Uno dei suoi polmoni sembra ormai colpito, ma il primario detto 'il Gran Magro' nel suo caso non esclude una guarigione. Qui il malato conosce Marta, ex-danzatrice scaligera, ex-Kapò in un lager ed ex-amante di un ufficiale delle SS, la quale in una atmosfera deprimente mostra ancora estrema vitalità. Il primario la spinge perfino in faticose danze sul palcoscenico del teatrino dell'ospedale e la donna, consapevole del proprio fascino e tenacemente attaccata alla memoria dei suoi successi di anni prima, fa presto ad incantare Angelo. I due diventano amanti e si incontrano fuori in luoghi segreti: lei vogliosa di vivere, lui sempre timoroso del contagio. Attorno alla coppia si aggirano gli altri degenti: uno che è in sanatorio da quattro anni si suicida, qualcuno vive nutrendo pallide speranze. Poi muore lo stesso primario (per cirrosi epatica), con copiose lacrime di Suor Crocifissa, una suora non più giovane per la quale il medico, sebbene ateo e sarcastico, era un modello vivente. Il giorno in cui muore in un alberghetto anche Marta, Angelo, prima di essere dimesso, apprende dalla Suora, che ha raccolto i pochi ricordi e i documenti della ballerina, che questa era ebrea di nascita, vissuta dopo le leggi razziali sotto falso nome. Si porta con sé il dolore per quell'amore perduto ed il rimorso di essere rimasto, lui solo, vivo.

Valutazione Pastorale

Il libro di Gesualdo Bufalino (da cui il film è tratto) dieci anni fa dette giusta fama all'Autore, soprattutto per quello stile narrativo e per quella bellezza formale che conferiva ad una storia, in fondo di per sé abbastanza lineare, echi e valenze di grande spicco. Passando dalla pagina scritta allo schermo, qualcosa come sempre accade è stato mutato, o ne è andato perduto lo smalto. Alcuni personaggi di contorno appaiono ininfluenti. Altri dettagli, rapporti personali e piccole storie, risultano del tutto marginali e finiscono confinati ed obliati. La storia che la ex-ballerina ed ex-amante di una SS intrattiene con Angelo è credibile e patetica. Pesa su di essa l'atmosfera angosciante dell'ospedale, in cui la "malattia" diviene condizione esistenziale e quasi anticamera di quella Morte, che qualcuno fra i degenti anticipa come liberatoria. Il conflitto è fra l'uomo, innamorato ma preso dalla paura e la vitalità di Maria che, malgrado tutto quello che ha passato e subito, ama la vita. Personaggio centrale è quello del primario, ateo e cinico, conscio della propria precarietà, ma fino alla morte pronto al sarcasmo. A forti tinte anche i tratti e i comportamenti di Suor Crocifissa, che subisce il fascino del medico e dell'uomo, e che in lacrime ne bacia e abbraccia il cadavere. Un ordito, dunque, drammatico, per un film che appare più colorato che colorito, dove tuttavia non viene dato il minimo spazio né ad un filo di speranza, né alla certezza di un Al di là: neppure affidandosi alle parole di una suora o di un fraticello. Corretta l'ambientazione; laceranti a dovere le musiche e buona la fotografia. Un po' retoriche certe frasi esaltate che escono dalle labbra di Maria. Soggetto e regia sono di Beppe Cino, che a volte si adagia un poco nella stasi di scorci e momenti affrontati con delicatezza di tocco.

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