È stata la mano di Dio

Valutazione
Consigliabile, Problematico, Adatto per dibattiti
Tematica
Amicizia, Amore-Sentimenti, Arte, Cinema nel cinema, Dolore, Donna, Educazione, Famiglia, Famiglia - fratelli sorelle, Famiglia - genitori figli, Fede, Lavoro, Matrimonio - coppia, Metafore del nostro tempo, Morte, Politica-Società, Scuola, Solidarietà, Sport, Tematiche religiose
Genere
Biografico, Commedia, Drammatico
Regia
Paolo Sorrentino
Durata
130'
Anno di uscita
2021
Nazionalità
Italia
Titolo Originale
Titolo inglese "The Hand Of God"
Distribuzione
Netflix, Lucky Red
Soggetto e Sceneggiatura
Paolo Sorrentino
Fotografia
Daria D'Antonio
Musiche
Lele Marchitelli
Montaggio
Cristiano Travaglioli
Produzione
Lorenzo Mieli, Paolo Sorrentino, Elena Recchia, Gennaro Formisano, Riccardo Neri. Casa di produzione: The Apartment, Fremantle, Netflix

Leone d’argento e Menzione speciale del Premio cattolico internazionale Signis alla 78a Mostra del Cinema della Biennale di Venezia (2021)

Interpreti e ruoli

Filippo Scotti (Fabietto Schisa), Toni Servillo (Saverio Schisa), Teresa Saponangelo (Maria Schisa), Marlon Joubert (Marchino Schisa), Luisa Ranieri (zia Patrizia), Renato Carpentieri (Alfredo), Massimiliano Gallo (Franco), Betti Pedrazzi (Baronessa Focale), Ciro Capano (Capuano), Enzo Decaro (San Gennaro), Sofya Gershevich (Yulia), Biagio Manna (Armando)

Soggetto

Napoli anni ’80, Fabio, detto da tutti Fabietto, è sul crinale tra l’adolescenza e la vita adulta. Vive in una famiglia media segnata da amore, tanto amore, come pure allegrezza. Nonostante gli immancabili contrasti, il bilancio familiare è positivo. La vita del giovane cambia con l’arrivo di Maradona, che coincide anche con una forte frattura nel tessuto familiare…

Valutazione Pastorale

Il Leone d’oro di Venezia78 che in molti si aspettavano era per il film “È stata la mano di Dio” di Paolo Sorrentino, cui è andato il secondo premio più importante, il Leone d’argento nonché la Menzione speciale del Premio cattolico internazionale Signis, il più antico dei riconoscimenti collaterali della Biennale. Il regista napoletano, premio Oscar per “La grande bellezza” (2014), ha sorpreso e colpito stampa e spettatori per quest’opera così diversa dai precedenti, marcata da poesia, toni brillanti e insieme dolenti, che affonda le radici negli strati più intimi dell’autore. Sorrentino racconta il suo cammino di formazione, la sua famiglia d’origine e la bruciante scomparsa dei genitori da adolescente; un dolore e uno spaesamento cui risponde però indirizzandosi al cinema, che lo salva. L’autore ha sottolineato così nelle note di regia del film: “La macchina da presa compie un passo indietro per far parlare la vita di quegli anni, come li ricordo io, come li ho vissuti, sentiti”. Così Sorrentino chiarisce subito il perimetro del racconto, lo sguardo con cui ha ideato e sviluppato “È stata la mano di Dio”. Non un film su Maradona, che in verità troneggia sullo sfondo della vicenda e ne rappresenta il filo rosso, bensì un omaggio brillante e dolente alla città di Napoli, alla propria terra, racconta sul fiorire degli anni ’80. Sorrentino mostra la città con i suoi occhi, mescolando ricordi a scene oniriche, istantanee impietose dai contorni grotteschi a lampi di raffinata poesia visiva. La storia: Fabio, detto da tutti Fabietto (Filippo Scotti), è sul crinale tra l’adolescenza e la vita adulta. Vive in una famiglia media napoletana segnata da amore, tanto amore, come pure allegrezza. Nonostante gli immancabili contrasti, il bilancio familiare è comunque positivo. La vita del giovane cambia con l’arrivo di Maradona, che coincide anche con una forte frattura nel tessuto familiare… Diciamolo subito, “È stata la mando di Dio” è un film riuscito ed emozionante. Il regista, quasi in maniera spiazzante, regala un’opera che mescola leggerezza, raccordi brillanti, con inquietudini esistenziali di forte intensità. Al centro dell’opera c’è il viaggio di un giovane nelle praterie della vita adulta, un racconto di formazione che passa dai toni scanzonati tipici dell’estate ai chiaroscuri del mondo adulto. Sorrentino ci racconta una storia circoscritta che sconfina anche nel proprio personale, nella propria autobiografia; il tutto però alla maniera di Sorrentino, con quel suo stile visivo che tanto richiama la poetica di Fellini. Non a caso nel film troviamo disseminate molte istantanee felliniane: dall’erotismo onirico delle figure femminili alle riflessioni sul sacro, fino all’esplicito omaggio al finale dei “I vitelloni” (1953). E proprio il tema del viaggio felliniano si intreccia con l’opera e la biografia di Sorrentino. Fellini ha infatti raccontato in più di un’occasione la sua venuta a Roma, la scelta di fare cinema nella Capitale, conservando però la memoria delle sue radici. E così fa Sorrentino, tratteggiando la storia di Fabietto che si aggrappa al cinema per sopravvivere; sceglie di andare a Roma in cerca di futuro, ma sente sempre gli echi di Napoli nell’animo. Nel raccontare questa metamorfosi il regista mette in atto uno stile dalla potenza visiva forte e incisiva, quasi innovativa rispetto al suo passato, dando modo di intendere che il suo è un cinema capace di continui cambiamenti e innovazioni”. “È stata la mando di Dio” è un film che mostra grande atmosfera e intensità, così come raccordi da commedia brillante di matrice eduardiana, impreziosito da una carrellata di attori partenopei di primo piano: Toni Servillo, Teresa Saponangelo, Renato Carpentieri, Luisa Ranieri, Massimiliano Gallo ed Enzo Decaro. Bello, coinvolgente, a tratti struggente, “È stata la mando di Dio” dal punto di vista pastorale è consigliabile, problematico e per dibattiti.

Utilizzazione

Il film è da utilizzare in programmazione ordinaria e in successive occasioni di dibattito. Idoneo a un pubblico adulto e di adolescenti accompagnati.

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