Sogg. e scenegg.: Francesca Archibugi - Fotogr.(panoramica/a colori): Paolo Carnera - Mus.: Battista Lena, Roberto Gatto - Montagg.: Roberto Missiroli - Dur.: 101' Produz.: Ellepi Film, Roma; Crysalide Films, Paris Moonlight Films, Amsterdam.
Interpreti e ruoli
Sergio Castellitto (Arturo), Anna Galiena (Cinthya), Alessia Fugardi (Pippi), Armando De Razza (Marcello), Alessandra Panelli (Fiorella), Silvio Vannucci (Gianni), Victor Cavallo (Don Annibale), Lidia Broccolino, Laura Betti
Soggetto
A Roma, Valentina, una dodicenne soprannominata Pippi, figlia di Cinthya e Marcello Diotallevi, popolani arricchiti ma senza ideali, in seguito a un attacco di epilessia viene ricoverata nel reparto di neuropsichiatria infantile. Un giovane psichiatra, Arturo, appena uscito da una crisi coniugale che sta sforzandosi di esorcizzare, sebbene convinto che il caso sia piuttosto di natura neurologica che psichiatrica, accoglie la ragazzina nel suo reparto, preso da spontaneo interesse per lei. Pippi rivela subito un carattere scontroso e provocatorio, e risulta in difficile rapporto con i genitori, per cui Arturo si propone di tentare con lei una terapia analitica, studiandone attentamente le reazioni al fine di riportarla alla normalità. Nota così che nell'ambiente familiare, superficiale e contraddittorio, perché contemporaneamente protettivo ma di reciproca indifferenza, Pippi non trova né sicurezza né affetto, e viene praticamente lasciata a se stessa, mentre nel reparto da lui diretto, malgrado le carenze strutturali e organizzative e l'insufficienza di personale, la ragazzina trova interessi e affetto, specie nel terapeuta (al quale piano piano si apre con crescente fiducia) e in una bimba cerebrolesa cui dedica il proprio tempo e le proprie attenzioni. Sarà proprio la morte della bimba (cui non è forse estranea una terapìa troppo intensiva) a scatenare il rifiuto di Pippi nei confronti di Arturo e a indurla a un'autocrisi epilettica di protesta, che fornirà allo psichiatra la chiave di un appropriato intervento per condurre Pippi alla guarigione.
Valutazione Pastorale
Il film indicante nel titolo emblematico l'ignoto dell'infanzia e le sue misteriose aspettative è ricco di stimoli e inviti alla riflessione, non solo sull'universo mai abbastanza esplorato della psiche umana(e singolarmente infantile) ma in definitiva sulle problematiche esistenziali di fondo dell'umanità: il senso della vita, del dolore, della morte. Al centro del racconto è la figura del giovane psichiatra, provato dall'abbandono della moglie, che trova nello studio di un caso psicologico singolare e nella dedizione senza sosta ai fanciulli e agli adolescenti del suo reparto un interesse talmente vivo, da trasformarsi in un perché di vita e in motivo di affinamento interiore: ne derivano sottili intuizioni psicologiche e tratti di umanissima comprensione ed empatìa, non solo nei confronti dei giovanissimi pazienti, ma anche del personale del reparto, che finisce con affezionarsi a lui e assecondarlo, stavolta al di là e al di sopra delle condizioni di orario e di lavoro, preso dai modi rispettosi e suadenti di lui. Non meno centrale è la figura di Pippi, dapprima pungente e inafferrabile, poi più arrendevole e fiduciosa nell'uscire contemporaneamente dalle istintive ribellioni ad una situazione esistenziale insoddisfacente e dall'acerbità pre adolescenziale dei propri anni verdi verso uno sboccio primaverile di consapevolezza e di speranza. Marginale, invece, la figura del prete, piatta e piuttosto insignificante, che potrebbe, indirettamente, indurre a considerare la religione un accessorio senza importanza, se non sa far altro che porre dei "perché", ma proprio in quanto pone dei "perché" fondamentali per l'uomo ("perché i bambini muoiono?" e, indirettamente, perché la morte?) nell'economia del racconto filmico acquista un peso esistenziale non indifferente e induce alla riflessione.