La mia vita con John F. Donovan

Valutazione
Complesso, Dibattiti, Problematico
Tematica
Famiglia, Mass-media, Omosessualità
Genere
Drammatico
Regia
Xavier Dolan
Durata
123'
Anno di uscita
2019
Nazionalità
Canada
Titolo Originale
The Death and Life of John F. Donovan
Distribuzione
Lucky Red
Soggetto e Sceneggiatura
Xavier Dolan, Jacob Tierney
Fotografia
André Turpin
Musiche
Gabriel Yared
Montaggio
Mathieu Denis

Interpreti e ruoli

Kit Harington (John F. Donovan), Natalie Portman (Sam Turner), Jacob tremblay (Rupert Turner da bambino), Susan Sarandon (Grace Donovan), Kathy Bates (Barbara Haggermarker), Ben Schnetzer (Rupert Turner da adulto), Jared Keeso (James Donovan)

Soggetto

Rupert Turner, giovane attore, contatta la giornalista Audrey Newhouse. L’obiettivo è raccontarle la vera storia di John F. Donovan, star della televisione americana, scomparsa dieci anni prima. Rupert e John erano stati legati da una forte corrispondenza epistolare…

Valutazione Pastorale

Originario del Quebec in Canada, Xavier Dolan debutta nel 2009: a venti anni, scrive, dirige, produce e recita in “J’ai tue ma mere”, storia di un difficile rapporto tra un giovane omosessuale e la madre. Successivamente dirige ”Le Amour Imaginares”, 2011; “Lawrence Anyways”, 2012. Tom à la ferme, presentato alla Mostra di Venezia è del 2013, mentre del 2014 è “Mommy”, ancora una storia incentrata su un tormentato rapporto madre/figlio; nel 2015 “E’ solo la fine del mondo”, e ora questo “La mia vita con John F. Donovan”, primo film in lingua inglese e in terra americana. Sette film in dieci anni scarsi di attività sono il segno di una urgenza creativa incalzante e ribollente, stretta tra alcuni temi impellenti e la voglia di confrontarvisi quasi per separarsene . Dolan, a trent’anni, fa i conti con un’aspra lotta interiore e con alcuni fantasmi che lo inseguono: un po’ alla maniera del Rainer Werner Fassbinder, tedesco che si è dannato l’anima agli inizi degli anni Ottanta. Molte cose ci sarebbero da dire sui sei film precedenti diretti da Dolan, ma per il momento è utile dire che questo di cui parliamo ora è, per il canadese, il film della maturità, quello in cui l’incontro/scontro con se stesso arriva alla stretta finale. Il copione è intenso e sofferto, portato ad un climax di rinunce e dolori solo dopo le non facili ammissioni iniziali. E con una tensione resa possibile, bisogna dirlo, grazie alla scelta di attori che solo il cinema americano è in grado di proporre: prove di commovente bravura offrono Natalie Portman, Susan Sarandon, Katie Bates, Thandie Newton e altri/altre, in una varietà di emozioni che dilatano gli inciampi e gli strappi del cuore. Film certo di forte impatto psicologico, sottile e forse troppo difficile da seguire per lo spettatore medio USA condizionato dai blockbuster alla “Avengers”. E con sprazzi di grande cinema: la sequenza della corsa disperata di Sam che insegue Rupert sulle note di “Stand Bye me” resta da antologia visionaria. Dal punto di vista pastorale, il film è da valutare come complesso, problematico e adatto per dibattiti.

Utilizzazione

Il film è da proporre con attenzione per un pubblico consapevole, preparato e disponibile a seguire una vicenda che rimescola a fondo bene e male e affida al cinema il compito di giocare con il destino degli individui.

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