LE INVASIONI BARBARICHE

Valutazione
Inaccettabile, negativo
Tematica
Eutanasia, Famiglia, Malattia, Politica-Società
Genere
Drammatico
Regia
Denys Arcand
Durata
99'
Anno di uscita
2003
Nazionalità
Canada, Francia
Titolo Originale
Les invasions barbares
Distribuzione
Bim Distribuzione
Musiche
Pierre Aviat
Montaggio
Isabelle Dedieu

Orig.: Canada/Francia (2003) - Sogg. e scenegg.: Denys Arcand - Fotogr.(Panoramica/a colori): Guy Dufaux - Mus.: Pierre Aviat - Montagg.: Isabelle Dedieu - Dur.: 99' - Produz.: Denise Robert, Daniel Louis.

Interpreti e ruoli

Remy Girard (Rémy), Stéphane Rousseau (Sébastien), Marie-Josée Croze (Nathalie), Marina Hands (Gaelle), Dorothee Berryman (Louise), Johanne Marie Tremblay (suor Constance), Pierre Curzi (Pierre), Yves Jacques (Claude), Louise Portal (Diane), Dominique Michel . (Dominique)

Soggetto

A Montreal Remy, divorziato cinquantenne, é ricoverato in ospedale. La sua malattia è progressiva e ormai inarrestabile. Louise, la ex moglie, chiede al figlio Sebastien di tornare a casa da Londra, dove vive. Sebastien, che da anni ormai parla poco con il padre, alla fine accetta, vola a Montreal e, arrivato in ospedale, comincia a trafficare con il personale ospedaliero per ottenere il miglior trattamento possibile per il genitore. Intanto intorno al letto di Remy si riuniscono tutti coloro che lo hanno accompagnato in passato: parenti, amici, ex amanti. Nei discorsi si parla di letteratura, filosofia, politica, oltre che di sesso e di rapporti interpersonali. Quando ormai appare chiaro che non c'è più speranza, Remy viene portato fuori città nella villa di campagna di uno degli amici. Qui lui stesso invita sia pure non esplicitamente i presenti ad accelerare la sua fine. Alla stessa maniera, senza dirlo con chiarezza in qualche modo, familiari e conoscenti si trovano d'accordo. Una ragazza tossicodipendente, figlia di una delle ex amanti di Remy, provvede ad inserire dosi di droga nel sangue dell'uomo. E la spina viene staccata. Sebastien affida alla ragazza le chiavi della villa.

Valutazione Pastorale

Denys Arcand aveva diretto nel 1986 "Il declino dell'impero americano". Oggi precisa: "Un giorno mi è venuto in mente che avrei potuto rimettere insieme il cast di personaggi meravigliosamente stravaganti di quel film: il loro senso dell'umorismo, il loro cinismo e il loro genio avrebbero rivissuto nella leggerezza alla quale aspiravo (...) Remy è convinto che siamo entrati in un'epoca di barbarie...L'impero americano è il dominatore assoluto del mondo. In quanto tale, dovrà costantemente respingere il flusso di attacchi barbarici. L'11 settembre é stato il primo che è riuscito a colpire al cuore l'impero. Il primo di molti a venire...Visti da Washington i francesi, i bulgari o i giapponesi sono un'unica cosa: barbari". Queste dunque sono le premesse sulle quali il canadese Arcand costruisce la teoria di un mondo contemporaneo ormai arrivato al capolinea delle proprie sensazioni e incapace di trovare nuove motivazioni di vita. Per supportare questo percorso, Arcand mette in scena un malato terminale e lo segue nel suo ricordare il 'felice' passato di quei giovani che 'volevano cambiare il mondo'. Siccome, a loro dire, non lo hanno fatto e anzi le cose sono andate all'opposto di come loro volevano che andassero, ne consegue che ormai la civiltà é finita, la barbarie è alle porte, anzi è già qui in mezzo a noi, e opporvisi serve a poco. La sconfitta é imminente e tanto vale prenderla in contropiede, dandosi da soli la morte. Così Arcand, muovendosi con indubbia capacità professionale, fa della stanza dell'ospedale un microcosmo, la sintesi di tutto ciò che succede 'fuori', il resoconto degli errori e degli orrori che pesano sull'Occidente. Il limite più grosso e evidente di questa architettura filosofico-culturale è nelle premesse e nella conclusione: nella consapevolezza cioè di essere sempre schierati dalla parte giusta, in passato (quando la rivoluzione era il sogno da inseguire), nel presente (rifiutando tutto ciò che esiste), e nel futuro (per migliorare il quale non vale più la pena battersi e così è più facile togliersi di mezzo). Ne esce in sostanza una specie di continuato autocompiacimento e di autoassoluzione da tutte le scelte fatte. Che poi Arcand certo enumera e passa in doverosa rassegna: l'educazione cattolica, la difficoltà di ricompattarsi su certi valori sociali e religiosi, l'invettiva umoristico-irriverente contro Maria Goretti e quella contro Madre Teresa e il Papa, la presenza in ospedale della suora laica, il magazzino della chiesa con arredi religiosi ormai dimenticati. Elementi che senz'altro allargano il ventaglio di tematiche del copione, ma che non possono sottrarsi al confronto con la conclusione: l'eutanasia come rifiuto cosciente e programmato della vita. Dal punto di vista pastorale, il film è da valutare come inaccettabile, e nell'insieme negativo. UTILIZZAZIONE: l'utilizzazione é da evitare in programmazione ordinaria. In altre circostanze, la proposta della pellicola é da subordinare al parere dell'ordinario in vista di proiezioni mirate con introduzione, dibattito, e supporti utili ad un migliore approccio al film.

Le altre valutazioni

Sfoglia l'archivo
Ricerca Film - SerieTv
Ricerca Film - SerieTV