Leonora addio

Valutazione
Consigliabile, Problematico, Adatto per dibattiti
Tematica
Arte, Dolore, Emigrazione, Famiglia - genitori figli, Letteratura, Morte, Storia, Teatro
Genere
Biografico, Drammatico
Regia
Paolo Taviani
Durata
91'
Anno di uscita
2022
Nazionalità
Italia
Titolo Originale
Leonora addio
Distribuzione
01 Distribution
Soggetto e Sceneggiatura
Paolo Taviani
Fotografia
Paolo Carnera, Simone Zampagni
Musiche
Nicola Piovani
Montaggio
Roberto Perpignani
Produzione
Stemal Entertainment con Tai Cinema, Luce Cinecittà, CinemaUndici

Il film ha vinto il premio Fipresci (Federazione internazionale della stampa cinematografica) alla Berlinale 2022

Interpreti e ruoli

Fabrizio Ferracane (Delegato Comune di Agrigento), Matteo Pittiruti (Bastianeddu), Dania Marino (Betty), Dora Becker (Nemica di Betty), Claudio Bigagli (Vescovo)

Soggetto

1936, Luigi Pirandello muore e, come da sue precise disposizioni, viene cremato. L’urna cineraria resta per dieci anni nel cimitero del Verano a Roma. Nel 1946 finalmente le ceneri del grande drammaturgo vengono portare ad Agrigento, dove sarà sepolto. Il film racconta questo lungo e rocambolesco viaggio. E non solo.

Valutazione Pastorale

A tre anni dalla morte del fratello Vittorio, a cui dedica il film, Paolo Taviani (classe 1931) torna alla regia con “Leonora addio”, racconto dolente, a tratti perfino surreale e grottesco, del travagliato viaggio delle spoglie di Luigi Pirandello da Roma ad Agrigento. Ma non solo. Insignito del premio Nobel per la letteratura nel 1934, Pirandello muore due anni dopo, lasciando precise disposizioni per la propria sepoltura: “Sia passata in silenzio la mia morte… Bruciatemi. E il mio corpo appena arso, sia lasciato disperdere…. Ma se questo non si può fare sia l’urna cineraria portata in Sicilia e murata in qualche rozza pietra nella campagna di Girgenti, dove nacqui”. Dieci anni dopo, un funzionario del comune di Agrigento sale su un areo americano, messo a disposizione grazie alla mediazione di Alcide De Gasperi, alla volta della Sicilia, con la cassetta di legno che contiene i resti del grande scrittore. Le cose, però, andranno diversamente e il viaggio si rivelerà lungo e complicato. Finalmente, e siamo nel 1961, la tomba è pronta. Il film potrebbe chiudersi qui, ma Paolo Taviani ci regala una sorpresa: l’adattamento (piuttosto libero, a dire il vero) dell’ultima novella di Pirandello “Il chiodo”, scritta pochi giorni prima della morte. Nella New York dell’immigrazione, delle vite precarie, ma comunque fiduciose in un futuro migliore, il giovanissimo Bastianeddu, strappato dalle braccia della madre e costretto dal padre a seguirlo Oltreoceano, è tormentato da una nostalgia inguaribile, che lo porterà a commettere un gesto insensato. Paolo Taviani ha firmato con il fratello Vittorio numerosi film entrati a buon diritto nella storia del cinema italiano: “Padre padrone” del 1977, Palma d’Oro al 30° Festival di Cannes; “La notte di San Lorenzo”, Gran premio speciale della Giuria a Cannes 1982; “Kaos”, Nastro d’argento e tre David di Donatello nel 1985; fino a “Cesare deve morire”, che si è aggiudicato, nel 2012, l’Orso d’oro al Festival di Berlino, oltre che due Nastri d’Argento e cinque David di Donatello. E questo solo per citarne alcuni. Ora, con “Leonora addio”, Paolo torna a confrontarsi con Pirandello, ma questa volta da solo. E lo fa in modo originale e imprevedibile, a cominciare dal titolo: una novella dello scrittore a cui era stata dedicata una scena che è stata poi tagliata in fase di montaggio. Ma non solo. Poalo Taviani dialoga con Pirandello, o meglio con la sua voce, lo immagina triste mentre riceve il Nobel per la Letteratura, preoccupato per i suoi figli sul letto di morte, meticoloso nelle disposizioni per il proprio funerale e la sepoltura. Il film, nettamente diviso in due parti, ha una costruzione a tratti complessa, anche difficile da seguire (il regista inserisce a sorpresa materiale di repertorio e spezzoni di film, tra i quali una scena tratta da “Il sole sorge ancora” del 1946, con un sacerdote che, avviandosi alla fucilazione, intona le Litanie Lauretane). Il lungo viaggio in treno del funzionario (l’ottimo Fabrizio Ferracane) è l’escamotage scelto per raccontare, attraverso volti e situazioni poetiche e tragiche, spesso condite da una nota comica, l’Italia di quegli anni, il timido ritorno alla vita tra le macerie della Seconda guerra mondiale. Nella seconda parte la narrazione cambia di passo, anche visivamente, passando dal bianco e nero al colore, e ritrova un impianto più “tradizionale”. A tenere legati i due blocchi è sicuramente il tema della morte, ma soprattutto della continuità, del legame che rimane sempre tra chi resta e chi se ne va, al di là del tempo e dello spazio. Anche in senso metaforico. Il regista, infatti, ha voluto rendere omaggio a chi lascia la propria terra per cercare un futuro migliore, pur rimanendo a essa profondamente legato. Paolo Taviani si conferma, semmai ce ne fosse bisogno, un regista di elevato valore, capace di rimettersi in gioco, di trovare spunti innovativi, pur rimanendo fedele a sé stesso e alla poetica coltivata con il fratello Vittorio nei lunghi anni di lavoro comune. Un film originale e coinvolgente, dolente e delicato al tempo stesso. Incantano lo spettatore le bellissime sequenze dei piccoli paesi che appaiono improvvisamente dal treno, le assolate campagne e il blu del mare della Sicilia. La musica , struggente e bellissima, di Nicola Piovani fa il resto. Dal punto di vista pastorale il film “Leonora addio” è consigliabile, problematico e adatto per dibattiti.

Utilizzazione

Il film è da utilizzare in programmazione ordinaria anche come occasione per scoprire una pagina poco conosciuta della storia del nostro Paese e ri-scoprire uno dei più grandi autori della letteratura italiana.

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