
Orig.: Francia (2007) - Sogg.: tratto dal libro omonimo di Jean Dominique Bauby - Scenegg.: Ronald Harwood - Fotogr.(Panoramica/a colori): Janusz Kaminski - Mus.: Paul Cantelon - Montagg.: Juliette Welfing - Dur.: 107' - Produz.: Kathleen Kennedy, Jon Kilik.
Interpreti e ruoli
Mathieu Almaric (Jean Dominique Bauby), Emmanuelle Seigner (Celine Desmoulin), Maria Josée Croze (Henriette Durand), Anne Consigny (Claude), Patrick Chesnais (dott. Lepage), Niels Arestrup (Roussin), Max Von Sydow (padre di Jean Dominique), Olatz Lopez Garmendia (Marie Lopez), Jean Pierre Cassel (padre Lucine), Marina Hands (Josephine), Emma de Caunes (imperatrice Eugenia)
Soggetto
Nel dicembre 1995, all'età di 43 anni, Jean Dominique Bauby, giornalista brillante e di successo, viene colpito da un ictus devastante che rende inattivo il suo sistema cerebrale. Superato un iniziale stato di coma, si sveglia e dai medici apprende di essere vittima di una sindrome detta "locked in": lui resta mentalmente vigile ma prigioniero dentro il suo corpo del tutto immobilizzato, in grado di comunicare col mondo esterno solo attraverso il battito della palpebra dell'occhio sinistro. Ricoverato all'Hospitale Maritime di Berck Sur Mer, cittadina del nord francese, Jean Dominique impara un alfabeto completamente nuovo. Grazie alla pazienza di un'infermiera, e alla comprensione della moglie Celine, l'uomo comincia a dettare un romanzo che racconta la sua storia, "Lo scafandro e la farfalla", pubblicato nel 1997.
Valutazione Pastorale
I fatti sono autentici. Bauby è rimasto un anno e due mesi nella stanza 119 dell'Ospedale Marittimo di Berck Sur Mer ed è morto dieci giorni dopo la pubblicazione del libro. Schnabel (newyorchese, pittore di fama internazionale, passato al cinema con "Basquiat", 1996 e poi con "Prima che sia notte", 2000) ha deciso di girare questo film difficile, perché il tema è in linea con le sue scelte fuori dagli schemi, e perchè molto coinvolto a livello personale. In effetti il regista sdoppia se stesso, girando la prima mezz'ora tutta in "soggettiva", ossia dal punto di vista di Bauby, e solo dopo aprendosi ad una visione d'insieme della vicenda. In entrambi i casi, il suo occhio si fa via via più acuto, partecipe, commosso. Lo strazio del protagonista diventa quello dello spettatore ma senza che la disperazione prenda mai il sopravvento. Anzi nel raccontare la difficile, quasi impossibile scrittura del libro, Schnabel riesce nella non facile impresa di rovesciare il dolore in vitalità, di affidare all'immaginario del malato il ruolo di una volontà decisa a non arrendersi. La caparbietà di Bauby diventa simbolo di una vita che fino all'ultimo reclama spazio e attenzione, che non cede se non dopo aver ostinatamente lottato. Privo di retorica e particolarmente commovente nel ritratto dell'anziano padre colto da pianto irrefrenabile, il film chiede attenzione ma offre in cambio una testimonianza importante sull'impegno a vivere la vita fino al suo naturale esaurimento. Dal punto di vista pastorale, il film é da valutare come accettabile, problematico e adatto per dibattiti.
Utilizzazione
Il film é da utilizzare in programmazione ordinaria, e da recuperare in molte occasioni successive come proposta per avviare riflessioni sui delicati temi affrontati.