L’UOMO DEI SOGNI

Valutazione
Accettabile, Complesso
Tematica
Genere
Fantastico
Regia
Phil Alden Robinson
Durata
106'
Anno di uscita
1989
Nazionalità
Stati Uniti
Titolo Originale
FIELD OF DREAMS
Distribuzione
Penta Distribuzione
Soggetto e Sceneggiatura
Phil Alden Robinson tratto dal romanzo "Shoeless Joe" di W.P. Kinsella
Musiche
James Horner –Montagg.: Jan Crafford
Montaggio
Jan Crafford

Sogg.: tratto dal romanzo "Shoeless Joe" di W.P. Kinsella - Scenegg.: Phil Alden Robinson - Fotogr.: (normale/a colori) John Lindley - Mus.: James Horner –Montagg.: Jan Crafford - Dur.: 106' - Produz.: Gordon Company

Interpreti e ruoli

Kevin Costner (Ray Kinsella), Amy Modigan (Annie Kinsella), James Earl Jones (Terence Mann), Timothy Busfield (Mark), Dwier Brown (John Kinsella), Frank Whaley (Archie Graham Jr.), Ray Liotta (Shoeless Joe), Burt Lancaster (Dottor Graham)

Soggetto

medio agricoltore, trentaseienne, Ray Kinsella vive con la moglie Annie e la piccola Karin in una graziosa fattoria immersa nel mais. Da molto tempo ha perduto il padre (morto alla sua età attuale e amantissimo del baseball), con il quale era già in rotta. Un giorno Ray sente chiaramente una voce misteriosa ripetergli la frase "se lo costruisce, lui tornerà". La voce si fa ancora sentire e Ray vende una buona parte della terra e si indebita con la banca, pur di costruire un magnifico campo da gioco, rosso tra il verde del granoturco ancora acerbo. Annie crede che il marito abbia delle curiose visioni (tra l'altro a caro prezzo), finchè una sera nel campo illuminato si vede un uomo in tenuta da giocatore e Ray riconosce subito in lui un battitore celebre: Joe Jackson detto "Shoeless" (lo scalzo). In seguito il fantasma, che però appare vivo e prestante, si ripresenta con altri otto giocatori, un po' attempati e chiassosi e così la famiglia Kinsella assiste ad un allenamento, mentre non vedono nessuno il cognato Marc nonchè la sorella e la madre di Annie, che considerano le follie di Ray come tali, e, in più, un incredibile sperpero di denaro. Poi echeggia nell'aria un'altra frase: "lenisci il suo dolore". A fatica Ray riesce ad individuare e contattare un altro "vecchio"; un negro scrittore contestato e bollato come comunista (Terence Mann), che vive deluso e scorbutico dopo essere stato anche lui un fan del baseball e che aveva fatto oggetto Kinsella senior di un suo scritto. Portato da Ray su di un campo cittadino, Mann vede insieme a Ray un nome improvvisamente apparso su di un tabellone luminoso, mentre Kinsella sente per la terza volta la voce incitatrice, che gli impone di "andare fino in fondo". I due si dirigono allora in Minnesota per ritrovare un anziano e noto giocatore – "Moonlight" Graham - diventato medico e benefattore dell'infanzia. Ray si trova ora praticamente vent'anni indietro nel tempo, con un uomo cui resta un solo, grande desiderio: quello di poter giocare ancora. Egli rifiuta, tuttavia, l'offerta di Kinsella di andare al suo "campo dei sogni". Ad una telefonata di Annie assai preoccupata (la banca vuole i soldi e per intanto ha ceduto a Mare la ipoteca sulla fattoria) Ray torna a casa. Lo accompagna Mann, perchè vuole rivedere Joe Shoele, e per strada i due imbarcano un ragazzo che cerca un ingaggio in qualche squadra (si chiama Archibald Graham). Grande partita nel campo dei Kinsella, con Mann felice, lo «Scalzo» in piena forma e Graham che fa un colpo importante, la piccola Kedin cade da una impalcatura ed il vero Graham, comparso tra il mais come per sortilegio, la salva da un possibile soffocamento, salutando poi i vecchi compagni e scomparendo fra le canne. È là che sparisce anche Terence Mann, affascinato da quei giocatori tutti in bianco, per tornare all'entusiasmo ed allo scrivere di una volta. Allo scopo di andare fino in fondo, Ray cede volentieri all'idea di Karin: si faranno vicino a casa grandi incontri di baseball e la gente farà la fila per il biglietto. A notte, compare sul campo il padre di Ray: i due appaiono come fratelli, Ray è riuscito a costruire per lui il luogo, il "paradiso" in cui si avverano i sogni e dove quello, pacificato, è ora felice di lanciare e rilanciare la palla al figlio ritrovato. E ciò, proprio mentre un lungo serpentone di auto con i fari accessi già si snoda nella pianura sterminata, portando sul posto i più incalliti fedeli del baseball.

Valutazione Pastorale

assai difficile sottoscrivere una certa frase di Terence Mann: che, cioè, negli anni '60, la sola cosa valida, l'unico valore per la gente (siamo in America, d'accordo) era il baseball. Affermazione azzardosa, ai limiti del ridicolo, anche ad essere americani e sfegatati di quel gioco. Eppure, ecco qui il film, tratto dal libro "Shoele e Joe" (il giocatore scalzo della storia e della memoria) per la regia di Phil A. Robinson. Meglio sarebbe stato, intanto e frenesie a parte, mantenere il titolo originale del lavoro, che è alla lettera «Campo dei sogni», mille volte più pertinente e significativo, così come misterioso e seducente è l'avvio in una atmosfera ben resa su di un piano surreale che rasenta la rarefazione. Si aggiunga quella strana voce fuori campo, che Ray Kinsella ascolta, da prima attonito, poi convinto. In altri termini, lo spunto c'è e interessante, perfino d'effetto. Purtroppo il film è molto ambizioso, lungo e macchinoso per complicazioni eccessive, talune anche del tutto superflue. Un montaggio più coraggioso avrebbe giovato a snellire il tutto, anche per rendere psicologicamente più intenso e pregnante il rapporto tra Kinsella padre e relativo figlio. È chiaro che quest'ultimo ha un forte senso di colpa e in qualche modo intende risarcire colui cui è debitore della vita. Naturalmente, di positivo si può reperire non poco, con un figlio (cui tra l'altro non manca la solidarietà dei propri cari, i quali vedono con lui quegli strani giocatori), deciso a fare "ritornare il vecchio genitore" (vecchio, ma intelligentemente raffigurato come coetaneo) a lenir il dolore della incomprensione, di un tempo ed a costruirgli il campo dei sogni irrealizzati venti anni prima. Uno spunto fine e sentimentale venato di una certa poesia, corroborato però da elementi concreti (il gioco, la palla, gli entusiasmi). Sempre sul piano del surreale quei giocatori bianchi, che emergono all'improvviso fra gli steli del mais non come fantanni o orrendi zombi, ma come dei ed eroi della mitologia sportiva. Anche il campo rosso nella sua verde cornice, battuto da luci abbaglianti crea un indubbio clima fantastico. Peccato, invece, certo velleitarismo e tante forzature e debordanze di tono.

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