MANTO NERO *

Valutazione
Complesso, Discutibile, Dibattiti
Tematica
Evangelizzazione-missione
Genere
Drammatico
Regia
Bruce Beresford
Durata
101'
Anno di uscita
1992
Nazionalità
Canada
Titolo Originale
BLACK ROBE
Distribuzione
Life International
Soggetto e Sceneggiatura
Brian Moore tratto dal romanzo omonimo di Brian Moore
Musiche
Georges Delerue
Montaggio
Tim Wellburn

Sogg.: tratto dal romanzo omonimo di Brian Moore - Scenegg.: Brian Moore - Fotogr.: (panoramica/a colori) Peter James - Mus.: Georges Delerue - Montagg.: Tim Wellburn - Dur.: 101' - Produz.: Robert Lantos

Interpreti e ruoli

Lothaire Bluteau (Padre Laforgue), August Schellenberg, Aden Young, Sandrine Holt, Tantoo Cardinal, Lawrence Bayne

Soggetto

nel 1634 nel Quebec, il Padre Gesuita Laforgue su disposizione dei superiori, deve risalire un grande fiume per miglia e miglia e raggiungere la Missione da tempo istituita presso gli Uroni. Lo accompagnano sulle piroghe il capo Chonina, vari uomini (alcuni dei quali con la famiglia) e Daniel, un giovane francese che aspira al sacerdozio, ma già sorride agli occhi di Annuka, la figlia del capo. Soprannominato "Manto nero" Padre Laforgue non sempre riesce ad avere rapporti facili con gli Irochesi (il Gesuita promette il Paradiso, gli indigeni si pongono non poche domande, naturali per la loro cultura e nella vita di tutti i giorni). Da ciò malumori, molto scetticismo e Laforgue si rende ben presto conto delle impervie difficoltà del proprio impegno, scelto in Francia con grande gioia della madre, la quale già lo ha pronosticato santo. Mentre Padre Laforgue rimane deluso e colpito perché Daniele ed Annuka amoreggiano senza pudore, gli indigeni gli rendono la vita piuttosto dura e qualcuno già pensa di ucciderlo. Attaccati da altri selvaggi (la moglie di Chonina viene uccisa da una freccia e Laforgue fa appena in tempo a battezzarla), poi torturati, il gruppetto dei superstiti riesce a fuggire durante una tormenta di neve, grazie alla ragazza che una notte si concede ad un guardiano per eliminarlo. Chonina, ossessionato da un brutto sogno (un corvo nero ed un'isola, dove vede arrivare solo quel diabolico Manto Nero), rifiuta di essere battezzato e, vaneggiando nella visione della dea della Morte, si abbandona a questa. Anche la giovane coppia decide di tornare indietro e il Gesuita arriva finalmente tutto solo al Villaggio degli Uroni, dove infuria una febbre contagiosa. Seppellito il più giovane dei Padri Gesuiti anche l'altro un vegliardo muore di freddo e di stenti. Affranta, la tribù vuole il Battesimo, confidando che esso sia una medicina risanatrice: Padre Laforgue lo dà a tutti, implorando Dio di salvarli.

Valutazione Pastorale

il film di Bruce Beresford può essere esaminato e discusso da due differenti punti di osservazione: o si riconosce in Padre Laforgue un campione della Fede, un missionario impavido ed un araldo della Evangelizzazione, pronto anche al martirio (come tanti ve ne furono nei secoli e ve ne sono tuttora a lasciare il proprio sangue in tutto il mondo); o ci si pone dalla parte degli indigeni, delle loro culture e difficoltà di capire ed accettare il messaggio del Manto Nero (il corvo? la morte? e poi quel Dio "bianco" e crocifisso?) e, ciò facendo, immedesimarsi nei motteggi degli Irochesi, pur nel contesto storico del Quebec secentesco. In linea di massima corretto e rispettoso, il regista nel delineare anche con brevi inserti sui precedenti personali, familiari e sociali del Gesuita la posizione e la battaglia di lui, si fa tuttavia più sottile e insidioso, quando attribuisce ai "selvaggi" pensieri e scetticismo tipici dell'epoca nostra. Il che significa che gli Irochesi pensano e parlano alle volte più con spirito volterriano (e protestante), che con la ingenuità dei nativi. Vi sono, a ben guardare, ambiguità molto chiare e lo scarto, sul piano intellettuale, ha i sapori dell'ironia laicista. L'impressione si fa più acuta, in quanto la figura di Laforgue appare cifrata da un certo rigore, manca di sfumature e l'uomo sembra curiosamente più il latore intestardito di un Messaggio (la promessa del Paradiso), che un essere ardente e sicuro nella Fede. L'insidia dell'ambiguità dunque resta e qualcosa di essenziale stride e può disturbare. Ovviamente, la didascalia finale, la quale informa della chiusura dell'avanposto con il ritiro dei Padri Gesuiti, testimonia solo di un evento sul piano storico e nel quadro operativo: non è sinonimo di sconfitta e fallimento. Dal punto di vista formale, vanno accreditati al film la bellezza del paesaggio e la naturalezza dei personaggi.

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