NOVE LUNE E MEZZA

Valutazione
Complesso, Problematico, dibattiti
Tematica
Donna, Famiglia, Matrimonio - coppia, Metafore del nostro tempo, Politica-Società
Genere
Commedia
Regia
Michela Andreozzi
Durata
100'
Anno di uscita
2017
Nazionalità
Italia, Spagna
Titolo Originale
/////
Distribuzione
Vision Distribution
Musiche
Niccolò Gagliardi
Montaggio
Luciana Pandolfelli

Orig.: Italia/Spagna (2017) - Sogg. e scenegg.: Michela Andreozzi, Alessia Crociani, Fabio Morici - Fotogr.(Scope/a col.): Tani Canevari - Mus.: Niccolò Gagliardi ("Ho cambiato i piani" cantata da Arisa) - Montagg.: Luciana Pandolfelli - Dur.: 100' - Produz.: Isabella Cocuzza e Arturo Paglia per Paco Cinematografica, NeoArt Producciones -

Interpreti e ruoli

Claudia Gerini (Livia), Michela Andreozzi (Tina), Lillo Petrolo (Gianni), Giorgio Pasotti (Fabio), Stefano Fresi (Nicola), Claudia Potenza (Costanza), Alessandro Tiberi (Vanni), Massimiliano Vado (Manfredi), Nunzia Schiano (Maria), Nello Mascia (Antonio), Paola Tiziana Cruciani (Teresa), Graziella Marina (nonna), Arisa (partoriente solitaria)

Soggetto

A Roma, oggi, Livia e Tina sono due sorelle, entrambe sulla quarantina, molto legate nel carattere e nei comportamenti. La differenza è che Livia convive con Fabio e no ha mai pensato di diventare mamma, mentre Tina, insieme al compagno Gianni, prova da tempo ad avere un figlio che invece non arriva...

Valutazione Pastorale

Negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso, molte delle tante commedie realizzate avevano certamente un taglio brillante e divertente. Una parte non piccola di quei film si ritagliava (per scelte, per precisa intenzione, per provocazione) l'intenzione di fare da apripista alla proposta di argomenti che altrimenti non sarebbe mai stato pensabile affrontare. I film italiani di quei decenni guardavano con sospetto la donna non sposata, e anche quelle separate erano trattate con severità. Sulla stessa linea erano collocate le donne che non avevano figli. Nelle storie tuttavia si muoveva con più o meno voluta intenzione qualche passaggio che faceva intravedere precisi spiragli di cambiamento. Era, per farla breve, quella commedia che, mentre induceva al riso e al divertimento, osava guardare a possibili cambiamenti nel costume e nelle abitudini nazionali. La (forse lunga) premessa è utile a mettere a fuoco il percorso di questo film di oggi. Che segue appunto i passi del racconto brillante alla vecchia maniera e allo stesso tempo azzarda precisi sconfinamenti nello smuovere le acque di temi sensibili e delicati dell'istituto familiare. Il soggetto mette infatti al centro il problema dell'utero in affitto, della maternità surrogata, di figli da avere a tutti i costi in un crescendo di umorismo e di comicità ben proposte e calibrate. Il copione, ve detto, è svelto e movimentato, i dialoghi spiritosi e divertenti aiutano a creare un clima di salace umorismo, i protagonisti e i caratteristi contribuiscono a disegnare un affresco di Roma colorato e umorale. Tutto piacevole, se non fosse che quell'approccio comico serve a 'veicolare', a fare da volano per spostare più avanti la soglia di 'normalizzazione' della vita quotidiana. Come ad esempio il personaggio del ginecoloco gay, sposato e con due figli avuti in Canada ("perché lì è permesso") Come appunto, più in generale, succedeva negli esempi dei decenni ricordati prima. Su un tema oggettivamente forte e rischioso come la maternità surrogata dovrebbe esserci un limite agli scherzi e agli sberleffi: che non diventino occasione di plateale e insistita derisione come nel caso di Vanni, il figlio neocatecumenale. Dal punto di vista pastorale, il film è da valutare come complesso, problematico e da affidare a dibattiti.

Utilizzazione

Il film può essere utilizzato con cautela in programmazione ordinaria. Meglio nelle occasioni nelle quali al divertimento uno spettatore più avvertito voglia avvicinare la riflessione su argomenti da non trattare con fredda e sbrigativa superficialità.

Le altre valutazioni

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