Orig.: Francia (2011) - Sogg. e scenegg.: Maiwenn, Emmanuelle Bercot - Fotogr.(Panoramica/a colori): Pierre Aim - Mus.: Stephen Warbeck - Montagg.: Laure Gardette, Yann Dedet - Dur.: 127' - Produz.: Alain Attal.
Interpreti e ruoli
Karin Viard (Nadine), Joey Starr (Fred), Marina Fois (Iris), Nicolas Duvauchelle (Mathieu), Maiwenn (Melissa), Karole Rocher (Chrys), Emmanuelle Bercot (Sue Ellen), Frederic Pierrot (Balloo), Arnaud Henriet (Bamako), Naidra Ayadl (Nora), Jérémie Elkaim (Gabriel), Riccardo Scamarcio (Francesco), Sandrine Kiberlain (sig.ra De La Faublaise)
Soggetto
Per documentare il lavoro della Squadra di protezione minori, il Ministero dell'Interno francese concede alla fotoreporter Melissa il permesso di partecipare all'attività quotidiana dell'ufficio. La donna entra così a contatto con situazioni di estrema delicatezza, casi duri, difficili da gestire: molestie, violenze fisiche e psicologiche, adescamenti a vario livello, messi in atto da estranei, parenti e, nei casi più dolorosi, dai genitori stessi. Già sottoposti a prove stressanti di fronte alle quali è spesso arduo mantenere equilibrio, i componenti della squadra devono cercare di dividersi tra il lavoro e la propria vita privata. Separare il momento dell'impegno pubblico da quello personale risulta altrettanto improbabile, e nel gruppo si aprono momenti di frizione, litigiosità, contrasti. Una ragazza a un certo momento cede al nervosismo e si lancia in strada dalla finestra dell'ufficio.
Valutazione Pastorale
Lo spaccato aperto su una sezione talmente particolare delle forze dell'ordine è opportuno e rappresentato con indubbia efficacia. Siamo chiamati a partecipare ad una quotidianità terribile, alla gestione di casi scottanti, che mettono in campo bambini offesi negli equilibri della crescita. Ritagliandosi il ruolo della fotografa, la regista costruisce un doppio sguardo (quello dell'obiettivo e quello della ma.d.p.) che spacca la linearità del racconto e costruisce un tono frammentario, spezzato, riflesso dell'instabilità dominante. Diluisce però troppo il copione e nell'interscambio tra la parte documentaristica che pedina la realtà e quella 'scritta' che incalza la finzione, si perde qualcosa quanto a compattezza espresssiva. I dialoghi diventano sovrabbondanti, qualche passaggio collaterale indulge nell'accumulare carenze affettive che diventano un po' ripetitive, si 'fa vedere' anche ciò che potrebbe essere dato per allusione (il feto avvolto e chiuso nella borsa termica). Bisogna quindi prendere dal tutto ciò che veramente aiuta a capire il difficile lavoro di quel corpo, e i ricaschi nella vita privata di ciascuno. Dal punto di vista pastorale, il film è da valutare come complesso, problematico e adatto per dibattiti.
Utilizzazione
In programmazione ordinaria il film è da utilizzare con qualche cautela, considerati sia l'argometno sia lo svolgimento. Più adatto per situazioni mirate, dove sia possibile avviare dibattiti e riflessioni sugli argomenti trattati. Cetamente il film non si rivolge a minori e piccoli, e molta attenzione è da tenete in vista di passaggi televisivi o di uso di dvd e di altri strumenti tecnici.