PUMMARÒ

Valutazione
Discutibile, Realistico
Tematica
Emigrazione, Razzismo
Genere
Drammatico
Regia
Michele Placido
Durata
100'
Anno di uscita
1990
Nazionalità
Italia
Titolo Originale
PUMMARÒ
Distribuzione
Filmauro
Soggetto e Sceneggiatura
Michele Placido, Sandro Petraglia, Stefano Rulli
Musiche
Lucio Dalla, Mauro Malavasi
Montaggio
Ruggero Mastroianni

Sogg. e Scenegg.: Michele Placido, Sandro Petraglia, Stefano Rulli - Fotogr.: (panoramica/a coloti) Vilko Filac - Mus.: Lucio Dalla, Mauro Malavasi - Montagg.: Ruggero Mastroianni - Dur.: 100' - Produz.: Numero Uno Internazional, RAI DUE, Cineuropa 92

Interpreti e ruoli

Thywill A.K. Amenya (Kwaku), Pamela Villoresi (Eleonora), Jacqueline Williams, Gerardo Scala, Nicola Di Pinto, Franco Interlenghi, Tom Fetleghy, Ottaviano Dell'Acqua, Salvatore Billa

Soggetto

Kwaku, un laureato del Ghana desideroso di andare a perfezionarsi in medicina nel Canada arriva nel Casertano per cercarvi il fratello Giobbe, detto Pummarò, perchè lavora là nella raccolta dei pomodori. Ma Giobbe, scontratosi per una differenza di paga con un capo della camorra locale e rubato un camion, da tempo se ne è andato a Roma da dove, messa incinta Nanù una connazionale, si è trasferito a Verona e nessuno ne sa più nulla, nemmeno la Polizia che lo cerca. Dopo aver duramente lavorato nei campi, dormendo in un loculo del cimitero e versate 400.000 lire per comprarsi il permesso di soggiorno (lo aiuta uno strano individuo, "Il Professore", che bazzica fra gli immigrati), Kwaku si reca a Roma, trova Nanù che batte il marciapiede (preferisce questo al far la lavandaia) e decide di partire per Verona. Qui, aiutato da Isidoro, del Ghana pure lui - che lavora in una fonderia -, Kwaku ottiene un lavoro dignitoso nella stessa fabbrica, mangia alla mensa operaia, dorme in casa dell'amico e si trova bene nella locale comunità di colore. Nel centro di accoglienza e assistenza, si innamora di Eleonora, una maestra (separata con una bambina la quale però abita col padre) che, poco a poco intenerita da quell'uomo semplice, ma onesto e colto, si concede a lui. Ma anche a Verona il razzismo ha fatto radici: la relazione dà luogo a chiacchiere e sarcasmi e i due sono insultati e vessati una sera da un gruppo di teppisti motorizzati. Poi, dato che Isidoro ha ricevuto da Giobbe una cartolina (questi lavora presso un albergo di Francoforte), Kwaku sente che la separazione da Eleonora è ormai inevitabile e necessaria e che a questo punto non può che partire per la Germania. Fermato alla frontiera ma risultato incensurato, Kwaku viene accompagnato da un agente a Francoforte. Ma Giobbe (che spacciava droga) è stato accoltellato da due marines neri ubriachi, ai quali aveva vietato l'ingresso all'hotel. Il fratello tanto cercato è ora un cadavere davanti agli occhi di Kwaku ed alle lacrime di Nanù accorsa da Roma. Non restano che i pochi effetti di Giobbe e i 7.000 marchi dell'assicurazione. Forse ce ne sarà abbastanza per il nascituro e perchè Kwaku possa installarsi in Canada.

Valutazione Pastorale

a voler sintetizzare, "Pummarò" è assai meno di una cruda denuncia ed è lontano dalla stringata misura di un documentario: semmai, un collage di eventi amari e penosi, che non assurge alla compattezza di una narrazione bene articolata - e dunque a stile - per larghe concessioni all'indulgenza patetica e al bozzettismo. Tuttavia è innegabile uno sforzo generoso e appassionato, poichè Michele Placido (qui regista, se non altro audace per l'impegno) affronta un problema di larga e pungente attualità. In questo senso e con i suoi non pochi limiti, il film può piacere e indurre a riflessioni sul piano umano. Non poche, però, le incongruenze su quello narrativo e così dicasi per certe ingenuità (di soggetto e regia) alternate ad episodi veridici e quasi provocatori, a beneficio della tesi di fondo. Si sa bene che di razzismi ce ne sono tanti, che le versioni e i riflessi sono molteplici (compresi quelli, e non è un male il rammentarlo, per esempio tra genti africane del Nord e del Sud, di etnìe e culture molto differenti, pronte a lottare fra loro per antichissime ragioni tribali, anche in terra altrui). I fattori in campo sono numerosi: la diffidenza e la paura di chi accoglie, le motivazioni economiche - il "posto di lavoro" che l'immigrato può togliere ad altri lavoratori nel sottobosco nero - e quelle originate da una avversione atavica e fisica. La ricerca ansiosa del fratello che assilla il bravo e colto Kwaku - il quale (da non dimenticare anche questo) in Italia fra i pomodori, i loculi cimiteriali e le passeggiatrici (anche del suo Paese) si trova in transito - finisce con il rimanere sempre sullo sfondo. Quel Giobbe irrequieto, ladro e traffichino, Kwaku non lo rivedrà che su una lastra della morgue. Qualche momento più autentico (la gioia nei ritmi e canti di casa) degli immigrati a Verona; qualche altro un po' dolciastro e vagamente ridicolo (la insolita coppia bicolore Eleonora-Kwaku che flirta sotto il balcone di Giulietta e Romeo). Forse una importante occasione che il soggettista-regista non ha saputo cogliere e descrivere con maturità di accenti anche formali. Qualche scabrosità. Nella colonna sonora (di Lucio Dalla e Mauro Malavasi) un motivo caldo e dispiegato si imprime subito nel cuore e nella memoria.

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