STA FERMO, MUORI E RESUSCITA – LA BREVE INFANZIA DI VALERKA NEL DISTRETTO DI SUTCHAN **

Valutazione
Accettabile-riserve, Realistico
Tematica
Genere
Drammatico
Regia
Vitali Kanevski
Durata
107'
Anno di uscita
1992
Nazionalità
U.R.S.S.
Titolo Originale
ZAMRI OUMII WOSKRESNI
Distribuzione
Columbia Tri Star Films Italia
Soggetto e Sceneggiatura
Vitali Kanevski
Musiche
Sergei Banevitch
Montaggio
G. Komilova

Sogg. e Scenegg.: Vitali Kanevski - Fotogr.: (normale/b.n) Vladimir Brylyakov - Mus.: Sergei Banevitch - Montagg.: G. Komilova - Dur.: 107' - Produz.: Lenfilm, Leningrado

Interpreti e ruoli

Pavel Nazarov (Valerka), Dinara Drukarova (Galia), Elena Popova, Valeri Ivtcenko, Viatcheslav Bambuchek, Vadim Ermolev

Soggetto

nel 1947 a Sutchan una cittadina sperduta nella immensità dell'Unione Sovietica, un ragazzo, Valerka, vive con la madre Nina. Gli uomini sono occupati nella miniera locale: prigionieri giapponesi lavorano in un campo di concentramento non lontano e Valerka vende thè bollente al mercato. Soprattutto, irrequieto com'è, combina monellerie (mette, ad esempio, del lievito nei servizi igienici della scuola elementare ed il liquame tracima nello spazio antistante, sciupando una festa patriottica con bambini che cantano in corteo dietro il ritratto di Stalin). Però la piccola Galìa lo protegge sempre. L'amicizia è nata fra i due - anche lei è dodicenne - malgrado dispettucci e battibecchi iniziali: Galìa, sempre astuta e allegra, aiuta il ragazzo a ritrovare i pattini che altri ragazzi gli hanno rubati: assiste con Valerka a vari momenti della vita comunitaria. Poi la scuola espelle il figlio di Nina per la faccenda del lievito e in più un ispettore sospetta del ragazzo, che ha fatto addirittura deragliare la locomotiva e i vagoni che portano i materiali al campo dei prigionieri. Impaurito, Valerka fugge allora da Sutchan, e si rifugia dai nonni: poi incappa in una piccola banda di ladri che, minuto com'è, lo introducono attraverso una finestrella in una gioielleria, dove, durante il furto, il padrone viene ucciso. Sfuggito alla polizia, il ragazzo è raggiunto da Galìa, la quale vuole assolutamente riportare a casa il suo giovane amico. I due sono inseguiti dai componenti della banda, ma riescono a sfuggire scalando il carbone di un treno-merci. Poi a piedi vanno verso le loro baracche ormai non lontane. Ma sulla massicciata Galìa muore e viene portata a casa dove la madre impazzisce per il dolore: il ragazzo si ritrova così solo, senza la compagna gentile, che lo ha sempre protetto contro la sua irrequietezza.

Valutazione Pastorale

il film, opera prima di un regista cinquantenne (Vitali Kanevski, che ha curato anche la sceneggiatura), riconferma il fascino del bianco e nero, adattissimo alle atmosfere brumose, alla neve e alla disperante fanghiglia dei Paesi nordici. La vicenda è semplice e, anche se per il dialogo bisogna affidarsi ai sottotitoli, non presenta certo né oscurità, né difficoltà di sorta. È una "storia d'infanzia" - autobiografica - fatta di birichinate più o meno grosse, con qualche ingenuità narrativa, ma anche con baleni di ironia e fantasia, inquadrando il tutto nel clima quotidiano di un paese sperduto nelle smisurate distanze dell'URSS. Figure gustose circondano il fanciullesco, innocente legame dei due amichetti, con inevitabili riferimenti a molti di quei personaggi di contorno, tipici dell'universo letterario gogoliano e cecoviano. Il tocco di Kanevski è garbato e i piccoli eventi sono raccontati con diligente attenzione; alcuni episodi acquistano altri ritmi e danno luogo all'angoscia (si veda, ad esempio, quello di una ragazza detenuta, che per disperazione vuole concedersi ad un tizio pur di diventare madre ed ottenere la fine della pena, ma incontra il rifiuto dell'uomo). Il fiore dell'amicizia spunta e vive rigoglioso nel pantano generale, come una primizia gentile che nessuna pressione esteriore può vincere. E quando i due saranno più grandi, vi saranno ad attenderli le mille, tenere canzoni di amore che punteggiano e illeggiadriscono il film, intonate perfino dagli storpi e matti dei villaggi. Per Galìa la vita sarà breve e di amore lei non potrà gioire, come se - riuscendo a riportare a casa il compagno ritrovato e in pericolo - la sua missione sulla terra fosse tragicamente compiuta sulla massicciata di un binario sperduto fra boschi e pianure. Finale inatteso e malinconico, il quale consente al film - di per sé un po' statico - quella impennata nel dolore, che dà spessore alla storia - e alla memoria - dell'irrequieto ragazzo. Lui e l'amichetta sono interpretati con trasparente spontaneità, sul filo di canzoni dolci e appassionate. Qualche riserva è d'obbligo per talune immagini.

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