UN ANGELO ALLA MIA TAVOLA **

Valutazione
Accettabile-riserve, Realistico
Tematica
Donna, Psicologia
Genere
Drammatico
Regia
Jane Campion
Durata
159'
Anno di uscita
1990
Nazionalità
Nuova Zelanda
Titolo Originale
AN ANGEL AT MY TABLE
Distribuzione
Mikado Film
Soggetto e Sceneggiatura
Laura Jones basato sulle autobiografie di Janet Frame
Musiche
Don Mc. Glashan
Montaggio
Veronika Haussler

Sogg.: basato sulle autobiografie di Janet Frame - Scenegg.: Laura Jones - Fotogr.: (panoramica/a colori) Stuart Dryburgh - Mus.: Don Mc. Glashan - Montagg.: Veronika Haussler - Dur.: 159' - Produz.: Hibiscus Films

Interpreti e ruoli

Blerry Fox (Janet Frame), Iris Churn (Madre di Janet), K.J. Wilson (Padre di Janet), Melina Hernecker (Myrtle), Andrew Binns (Bruddie), Glynis Angell (Isabel), Sarah Smuts-Kennedy (June), Alexia Keogh, Karen Fergusson

Soggetto

Janet Frame, appartenente ad una numerosa e povera famiglia di contadini della Nuova Zelanda, è una bambina grassa, sgraziata e timida che non riesce a socializzare. Janet sa raccontare belle storie e scrivere poesie: è questo il suo solo piacere, mentre la famiglia soffre per le crisi di epilessia del figlio Bruddie, e lei con le sue tre sorelle dormono strette in un solo letto. Timida, solitaria ed insicura, Janet s'informa curiosa sui misteri della vita: amore e sesso. Mentre alcune sue poesie vengono pubblicate, la giovane studia moltissimo, per raggiungere i corsi superiori. Dopo la tragica morte della sorella Murtle, Janet e la sorella Isabel vanno a vivere in casa di una zia; qui soffrono la fame, e successivamente vengono scacciate per aver rubato dei cioccolatini. Per ricevere il titolo di maestra, Janet deve subire un'ispezione, ma, messa davanti alla lavagna, si paralizza e fugge piangendo. Va allora a lavorare come sguattera, ma continua a studiare psicologia all'università, dove il suo professore, John Forrest loda con entusiasmo i suoi scritti. Dopo un maldestro tentativo di suicidio, Janet viene ricoverata per "riposare" in ospedale, e finisce poi rinchiusa in manicomio, dove, dichiarata schizofrenica, resta otto anni durante i quali viene sottoposta a moltissimi elettroshock. La pubblicazione di un suo libro le procura un premio letterario e la salva dalla lobotomia cui stava per essere sottoposta. La scrittrice esce così dal manicomio, andando a vivere con la sorella June, sposata e madre di alcuni bambini. Un anziano e famoso scrittore, Frank, prende poi a proteggerla, le offre un alloggio in campagna, dove può scrivere in pace, e, quando un altro suo libro viene pubblicato, le fa ottenere una borsa di studio per l'estero. Cosicché Janet parte per Londra, dove conosce Patrick, un uomo gentile, che s'interessa a lei, e in seguito raggiunge la Spagna, si stabilisce a Ibiza, e vi conosce un giovane poeta americano, Bernard, suo primo e tardivo amore. Dopo una breve relazione, l'americano riparte, e lei si trova incinta, ma, tornata a Londra, perde il bambino. Respinta come infermiera, a causa del suo passato ricovero in manicomio, la donna sente riaffiorare le sue ansie e il pensiero del suicidio: si fa perciò spontaneamente ricoverare in ospedale, dove viene dichiarata sana di mente, perché non è mai stata schizofrenica, mentre i suoi attuali problemi derivano dal lungo periodo trascorso in manicomio. Intanto, ricevuta notizia della morte del padre (la madre è spirata da tempo), Janet torna in patria, nella povera casa, che trova in grande disordine: ormai è famosa e importante, e viene intervistata e fotografata. Trasferitasi in una roulotte presso l'abitazione della sorella, Janet riprende a scrivere, parlando del magico fruscio prodotto dall'erba, dal vento e dal mare del suo paese.

Valutazione Pastorale

più che la storia di una vita è una testimonianza al coraggio ed alla sofferenza. Vi è nel film di Jane Campion una grande freschezza di sentimenti e nelle immagini; vi è nella regìa non solo una sensibilità tutta femminile ai mille dettagli, ma anche un calore umano sempre vivo e prezioso. E, poiché anche sceneggiatura e montaggio sono dovuti a donne, non c'è chi non si avveda che i risultati ne recano la firma. Al centro della tematica la scelta coraggiosa di Janet Frame, spinta da un amore allo scrivere ed al poetare che, anche a non pensare alle drammatiche fasi deterininate dal suo malessere e dal disequilibrio psicologico, la destina appunto alla sofferenza. Janet vive fin da piccola come in un'altra dimensione. Così sarà sempre: è "diversa", vocata all'anelito creativo e ai relativi tormenti e, dunque, fedele ad un ideale di vita. È nata così, non è destinata alla didattica, può e deve unicamente scrivere, in prosa e in versi e garantire con ciò la sua scontrosa identità. Una diagnosi medica errata (e qui c'è probabilmente una venatura critica nel soggetto e nella stessa regia) apre nella vita della scrittrice - affetta comunque da nevrosi - una sconvolgente e amara parentesi. Alla fine essa riesce a superare la disarmonia esistenziale che la turba, quel malessere del vivere fra gli altri e come gli altri, per ricominciare: sicuramente non "guarita", ma rasserenata sì, meno vulnerabile che da bambina e adolescente, sempre pronta a creare ancora, in coerenza con il proprio "io" ed il proprio destino. Una analisi obiettiva impone tuttavia, di rilevare un certo patetismo che affiora spesso e volentieri, nonché una eccessiva lunghezza in tutta la parte "europea". È anche doveroso precisare che la visione richiede una certa maturità di fruizione (qualche esplicita frasetta collocata su labbra innocenti per l'età; Janet quindicenne che allarmata constata di esser diventata donna; la scena dell'aborto e, soprattutto, quelle della vita manicomiale). A parte questo, all'insegna del realismo, il film merita attenzione e rispetto, anche per i suoi valori formali, oltre che per la interpretazione delle tre attrici che a Janet dànno vita: toccanti, sempre coerenti e, quindi, giustamente chiuse nella loro "assenza", tutte e tre di delizioso, quasi enigmatico sorriso.

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