YAABA *

Valutazione
Accettabile, Realistico
Tematica
Anziani, Rapporto tra culture
Genere
Drammatico
Regia
Idrissa Ouedraogo
Durata
97'
Anno di uscita
1990
Nazionalità
Burkina Faso
Titolo Originale
YAABA
Distribuzione
I.M.C.
Soggetto e Sceneggiatura
Idrissa Ouedraogo
Musiche
Francis Bebey
Montaggio
Loredana Cristelli

Sogg. e Scenegg.: Idrissa Ouedraogo - Fotogr.: (panoramica/a colori) Jean Monsigny - Matthias Kalin - Mus.: Francis Bebey - Montagg.: Loredana Cristelli - Dur.: 97' - Co-Produz.: Burkina Faso Thelma Film Ag - Zurich -Les films de L'avenir, Arcadia Film, Paris

Interpreti e ruoli

Fatimata Sanga (Sana), Noufou Quedraogo (Bila), (Nopoko), Roukietou Barry, Adana Quedraogo, Amadé Toure, Sibidou Quedraogo, Adama Sibide, Rasmané Quedraogo, Kinda Moumouni

Soggetto

Bila, sveglio ragazzetto di un villaggio del Burkina Faso, prova simpatia e affetto per Sana, un'anziana donna che vive sola, relegata ai margini della comunità dagli abitanti, che la ritengono strega. L'animo di Bila, ancor libero da pregiudizi e paure, avverte infatti la pretestuosità della "patente" di strega, affibbiata dai compaesani all'innocua donna e la difende dalle accuse infondate di maleficio, provandone la falsità. Punito severamente a causa del suo coraggioso dissenso, Bila non cessa di proteggere l'infelice donna: ruba per lei dei cibo, le tiene compagnia, ne ascolta le storie, la chiama affettuosamente "yaaba" (nonna), l'aiuta a ricostruire la povera capanna, incendiata per scaramanzia dai superstiziosi paesani, e riesce a comunicare anche alla piccola amica Nopoko la propria simpatia per Sana. Mentre la vita del villaggio trascorre fra pettegolezzi, liti, amori e tradimenti subito palesi a motivo della primitività dei protagonisti, che ancora ignorano le "maschere" in uso presso i "civili", capita che proprio la piccola Nopoko, ferita dal coltello arrugginito di alcuni monelli, diventi preda del tetano. Il fatto viene subito attribuito dai paesani a Sana, come maleficio, con la conseguenza di un acuirsi di persecuzione ed emarginazione nei suoi confronti. Ma quando Nopoko rischia di morire, Sana, insistentemente supplicata da Bila, riesce a trovare presso un guaritore, una mistura che salverà la bambina, consentendo alla vecchia yaaba di chiudere in serenità e dignità i suoi puri miseri giorni.

Valutazione Pastorale

specchio delle paure, i pregiudizi, le miserie e le ingiustizie di una piccola società primitiva, sperduta fra le sabbie rossicce del Burkina Faso, il film si allarga a metafora universale del male e del bene di ogni società, per quel suo cogliere con immediatezza, alle radici, le tendenze dei primitivi, che non hanno ancora imparato le finzioni e le complicate schermaglie adottate dai "civili" per mimetizzare i propri vizi o enfatizzare le proprie "virtù". Il giovane regista dichiara di esser partito dalle "fiabe" che gli venivano raccontate per farlo dormire dalla nonna, la sua vera "yaaba", nelle sere fantasiose della sua infanzia, vissuta, appunto, in un piccolo paese dell'Alto Volta, racconti che lui definisce una specie di "educazione notturna" impartita ai bambini africani che hanno la fortuna di avere una nonna. La magia del film è tutta nelle distese brulle a perdita d'occhio, assolate e cocenti, negli sguardi intensi, nei dialoghi essenziali e nei lunghi silenzi, ma soprattutto nei ritmi lenti, a macchina da presa quasi sempre fissa, che evocano la pacatezza del quotidiano, privilegio di una cultura non ancora sfiorata dal tumulto frenetico delle civiltà avanzate. Però le passioni, i pregiudizi, gli inganni, le infedeltà, tradimenti, ingiustizie, intolleranze, crudeltà, errori educativi sono tutti presenti, non diversamente che a Parigi o a Londra, a New York o a Roma. Come è presente un senso innato della dignità umana, personificata particolarmente nella nobiltà della "yaaba" nel suo incedere nativamente regale, nella superiorità morale con cui reagisce alle beffe, alle ostilità e ai maltrattamenti, nella sua saggezza e il suo altruismo. Ed è presente un senso etico profondo, che appare come iscritto nella natura stessa dell'uomo, l'inganno dalla verità, l'amicizia dal rifiuto, il bene dal male. Il film è come un sollecito partito dall'Africa povera in direzione di noi europei sazi e sufficienti, a superare intolleranze, pregiudizi, gli stessi giudizi avventati, sollecito riassunto in poche parole spoglie, lasciate cadere senza importanza dalla saggia "yaaba" circa l'infedeltà di una donna nei confronti del marito ubriacone e impotente: "Avrà pure le sue ragioni". Parole di prudenza e rispetto, che inducono a sospendere ogni cattivo giudizio sui comportamenti altrui, a vivere e lasciar vivere.

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